LA NATURA INCONTRA L’UOMO FOTO SU FOTO

Multi-esposizione e assenza di Photoshop per un’unione fotografica irreale

 

L’incontro tra uomo e natura è argomento di infinito ragionamento fin dai tempi della nascita della civiltà: discorso lungo e inconcluso che ha solcato le onde della storia, affrontando intemperie dialettiche e rassicurazioni filosofiche.

Un rapporto delicato che incalza la società contemporanea che ricerca ancora un principio unitario, un accordo originario.

 

Christoffer Relander trova quest’unione nell’arte fotografica e proprio nella sovrapposizione di due o più immagini al fine di ottenerne una sola che le sintetizzi dando spazio all’egocentrismo umano e alla grandezza naturale.

 

Difficile non ricollegare le armonie dei soggetti delle sue opere con l’ambiente in cui lui è immerso: la Finlandia, terra dove la potenza del contorno esplode in paesaggi senza fine e scenari cinematografici.

Relander nasce nell’86 e fin dalla giovane età è affascinato dall’arte, trovando nella fotografia, alla quale si avvina da autodidatta, la strada a lui più conforme, ma è a partire dal 2010 che intraprende la sua sperimentazione lavorando con esposizioni multiple.

Considerando anche lo svolgimento come parte dell’arte stessa, ha combinato e mischiato le immagini nella fotocamera, sia in digitale che su pellicola, senza ricorrere a strumenti di post-produzione come Photoshop. Può sembrare magia invece è il risultato di una tecnica affinata nel tempo e di una funzione della sua Nikon D700 full frame che permette di esporre più volte lo stesso fotogramma senza sottovalutare la scelta attenta di luce e soggetti e una particolare sensibilità artistica.

We are nature Vol.III” è il nome del progetto artistico di Relander che insieme ai precedenti volumi sintetizza in maniera visiva il concetto della sua idea di arte che la scelta del  bianco e nero aiuta a rendere quasi irreale. Per questi lavori ha utilizzato, invece, una Nikon D800E con lenti F/1.4 50 mm e tilt-shift 85 millimetri f/2.8.

A colori e sempre in linea con il suo metodo è il progetto I am more, serie di scatti per la campagna di beneficienza a sostegno di bambini affetti da neurofibromatosi che rappresentano un inno alla libertà e alla forza.

Foto dal sapore di armoniosa unione e delicatezza di legami. Ambiente e uomo diventano il connubio perfetto per evocare le più tranquille melodie della natura che si riappacifica con l’uomo tornando ad essere madre.

Non solo tecnica quindi. Corpi eterei, profili trasparenti, intrecci di foglie e rami, sfondi diafani fanno di queste fotografie poesie per gli occhi.

E. Toma

http://www.christofferrelander.com/

 

Voglio dimenticare il tempo poco che abbiamo e fermare quello che ci resta cosi da pensare che anche l’eternitá ci sta invidiando.
Voglio unirmi a te, sentirci un due semplificato all’unità.
Sentire il tuo corpo combaciare col mio.
Sapere che stiamo pensando in due lingue diverse la stessa cosa. Parliamo in una, la tua e io ti invito a capire la mia.
Non so se definirlo amore. Sarebbe senza speranza,
quello vero non la necessita.
Non abbiamo nomi, futuro, occasioni.
Siamo uno sbaglio, un rischio, un certo dolore.
Che non ho paura di commettere, che non ho paura di correre, che non ho paura di provare.
e.t.

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Tocco la tua bocca

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Capitolo 7

Tocco la tua bocca, con un dito tocco l’orlo della tua bocca, la sto disegnando come se uscisse dalle mie mani, come se per la prima volta la tua bocca si schiudesse, e mi basta chiudere gli occhi per disfare tutto e ricominciare, ogni volta faccio nascere la bocca che desidero, la bocca che la mia mano sceglie e ti disegna in volto, una bocca scelta fra tutte, con sovrana libertà scelta da me per disegnarla con la mia mano sul tuo volto, e che per un caso che non cerco di capire coincide esattamente con la tua bocca che sorride sotto quella che la mia mano ti disegna.

Mi guardi, mi guardi da vicino, ogni volta più vicino e allora giochiamo al ciclope, ci guardiamo ogni volta più da vicino e gli occhi ingrandiscono, si avvicinano fra loro, si sovrappongono e i ciclopi si guardano, respirando confusi, le bocche si incontrano e lottano tepidamente, mordendosi con le labbra, appoggiando appena la lingua sui denti, giocando entro i loro recinti dove un’aria pesante va e viene con un profumo vecchio e un silenzio. Allora le mie mani cercano di affondare nei tuoi capelli, carezzare lentamente la profondità dei tuoi capelli mentre ci baciamo come se avessimo la bocca piena di fiori o di pesci, di movimenti vivi, di fragranza oscura. E se ci mordiamo il dolore è dolce, se ci soffochiamo in un breve e terribile assorbire simultaneo del respiro, questa istantanea morte è bella. E c’è una sola saliva e un solo sapore di frutta matura, e io ti sento tremare stretta a me come una luna nell’acqua.

Capitulo 7

Toco tu boca, con un dedo toco el borde de tu boca, voy dibujándola como si saliera de mi mano, como si por primera vez tu boca se entreabriera, y me basta cerrar los ojos para deshacerlo todo y recomenzar, hago nacer cada vez la boca que deseo, la boca que mi mano elige y te dibuja en la cara, una boca elegida entre todas, con soberana libertad elegida por mí para dibujarla con mi mano por tu cara, y que por un azar que no busco comprender coincide exactamente con tu boca que sonríe por debajo de la que mi mano te dibuja.

Me miras, de cerca me miras, cada vez más de cerca y entonces jugamos al cíclope, nos miramos cada vez más de cerca y nuestros ojos se agrandan, se acercan entre sí, se superponen y los cíclopes se miran, respirando confundidos, las bocas se encuentran y luchan tibiamente, mordiéndose con los labios, apoyando apenas la lengua en los dientes, jugando en sus recintos donde un aire pesado va y viene con un perfume viejo y un silencio. Entonces mis manos buscan hundirse en tu pelo, acariciar lentamente la profundidad de tu pelo mientras nos besamos como si tuviéramos la boca llena de flores o de peces, de movimientos vivos, de fragancia oscura. Y si nos mordemos el dolor es dulce, y si nos ahogamos en un breve y terrible absorber simultáneo del aliento, esa instantánea muerte es bella. Y hay una sola saliva y un solo sabor a fruta madura, y yo te siento temblar contra mí como una luna en el agua.

Rayuela – Il gioco del mondo 

Julio Cortazar 

Il tuo sorriso

Non togliermi la rosa,
la lancia che sgrani,
l’acqua che d’improvviso
scoppia nella tua gioia,
la repentina onda
d’argento che ti nasce.

Dura è la mia lotta e torno
con gli occhi stanchi,
a volte, d’aver visto
la terra che non cambia,
ma entrando il tuo sorriso
sale al cielo cercandomi
ed apre per me tutte
le porte della vita.

Amor mio, nell’ora
più oscura sgrana
il tuo sorriso, e se d’improvviso
vedi che il mio sangue macchia
le pietre della strada,
ridi, perché il tuo riso
sarà per le mie mani
come una spada fresca.

Vicino al mare, d’autunno,
il tuo riso deve innalzare
la sua cascata di spuma,
e in primavera, amore,
voglio il tuo riso come
il fiore che attendevo,
il fiore azzurro, la rosa
della mia patria sonora.

Riditela della notte,
del giorno, della luna,
riditela delle strade
contorte dell’isola,
riditela di questo rozzo
ragazzo che ti ama,
ma quando apro gli occhi
e quando li richiudo,
quando i miei passi vanno,
quando tornano i miei passi,
negami il pane, l’aria,
la luce, la primavera,
ma il tuo sorriso mai,
perché io ne morrei.

Pablo Neruda

Greta

Quante volte capita che mentre percorri una strada, sicuro di questa, ti imbatti in un bivio che non avevi previsto, lo prendi o già ti ritrovi nella strada che non sai bene se hai scelto tu. Chiaro, è qui che sorgono le mille domande alle quali non sai darti le risposte perché inizialmente sono solo dei punti interrogativi ai quali non sai bene dare un significato. È qui che guardi alla strada che percorrevi, è qui che ti sembra più sicura, è qui che cerchi chi camminava con te, chi ti era vicino e ora ti resta dietro. Ci si può soffermare su ogni punto di questa nuova punteggiatura del pensiero, sull’insicurezza iniziale e cercare una boa nel mare del passato. Oppure si può alzare il passo. Dopo i primi incerti, l’andatura prende ritmo, sempre più ritmo e mano a mano si trova gente nuova, storie nuove, nuovi posti da vedere, un sole con un’altra luce, una luna più rotonda, ti accosti a chi si trova dove tu sei, ti tende la mano, ti porta verso la felicità. Ora però, aumentano i sensi di colpa, la nostalgia per chi era su quella vecchia strada che non percorri più, qualcuno magari ti aspetta credendoti perso ma sapendo che tornerai indietro, chi ti ama di più, qualcuno resta della convinzione che passerà anche da lì un altro viandante smarrito o sarà anche lui catapultato in un’altra direzione della vita. Fa male un po’. Perdere, lasciare, far star male, stare male. Ma a ogni passo può esserci una scoperta, una novità che porta a una crescita. A volte la felicità passa e non ce ne accorgiamo, a volte la riconosciamo e ci fa paura. A volte mostriamo più coraggio e la inseguiamo e altre lottiamo per avercela stretta. La vita è un grande albero e le strade percorse sono i rami che tendono verso il cielo. Crescendo troviamo la forza di staccarci dalle radici, di scalare il tronco, ci spostiamo dai rami mentre contiamo i cerchi della conferenza dei chilometri già fatti.

Pensava più o meno a questo Greta seduta con il suo libro aperto sulle ginocchia, mentre un nodo alla gola la portava ad aggiungere che le cose che inizia a fare sono sempre sbagliate e cerca il motivo per cui si sveglia nel cuore della notte con una nuova preoccupazione, intenta a districare le matasse di quell’anima tormentata. È brava a dare consigli sulla felicità agli altri, è brava a sembrare felice, ma è dannatamente negata a prendere il coraggio di inserire il bello che succede tra le sue aritmie delle quali ha perso di contare i battiti.

E.T.

giusta

Illustrazione di Botte Giuseppe per Pierrot Le Fou

#AccaddeOggi

Nasceva oggi Jean-Luc Godard (Parigi, 3 Dicembre 1930)

Il nostro omaggio alla sua carriera. Il suo valore resta nella poesia, nella ritmica, nella consistenza dei suoi film, nella dimensione onirica e realistica in cui ha saputo portare lo spettatore, tenendolo sempre con l’occhio attento alle possibili svolte nelle sequenze che si trovava di fronte tra la curiosità e la meraviglia di film di altri tempi ma sempre attuali.

Instancabile regista con oltre ventidue tra cortometraggi e lungometraggi ma anche sceneggiatore, montatore, critico cinematografico francese e attivista sessantottino.

Leone d’oro nel 1983 e un Oscar alla carriera nel 2011.

Ci ha lasciato capolavori e un intero genere. Gli amanti della Nouvelle Vague ringraziano per ogni centimetro di pellicola.



Le volte che è con furia

che nel tuo ventre cerco la mia gioia

è perché, amore, so che più di tanto

non avrà tempo il tempo

di scorrere equamente per noi due

e che solo in un sogno o dalla corsa

del tempo buttandomi giù prima

posso fare che un giorno tu non voglia

da un altro amore credere l’amore.

Giovanni Raboni

Josè Saramago e il viaggio

Il viaggio non finisce mai. Solo i viaggiatori finiscono. E anche loro possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione. Quando il viaggiatore si è seduto sulla sabbia della spiaggia e ha detto: “Non c’è altro da vedere”, sapeva che non era vero. La fine di un viaggio è solo l’inizio di un altro. Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, vedere le messi verdi, il frutto maturo, la pietra che ha cambiato posto, l’ombra che non c’era. Bisogna ritornare sui passi già fatti, per ripeterli, e per tracciarvi a fianco nuovi cammini. Bisogna ricominciare il viaggio. Sempre. Il viaggiatore ritorna subito. (da Viaggio in Portogallo, p. 457)

Josè Saramago nacque ad Azinhaga il 16 Novembre 1922 ma l’intera famiglia si trasferì due anni dopo la sua nascita a Lisbona. Dopo i primi precari lavori che intraprese dopo aver abbandonato gli studi tecnici per motivi economici iniziò a lavorare nel mondo dell’editoria come direttore di produzione.

Sposò Ida Reis nel 1944 ed insieme ebbero una figlia, Violante.

Fu scrittore, giornalista, drammaturgo, poeta, critico letterario e lavorò anche come traduttore.

Da giornalista subì spesso lo stop della censura del dittatore portoghese Salazar e anche il suo primo libro del 1947 Terra del peccato non fu accolto benevolmente.

Negli anni ’60 fu impegnato come critico per il Seara Nova e in seguito lavorò al Diaro di Lisboa. In questo periodo si dedicò alla poesia e pubblicò I poemi possibili e Probabilmente allegria.

Si iscrisse clandestinamente al Partito Comunista Portoghese riuscendo a sottrarsi alla polizia politica di regime.

Il suo successo come scrittore fu successivo alla Rivoluzione dei Garofani  con la pubblicazione di Manuale di pittura e calligrafia nel 1977 al quale seguirono Una terra chiamata Alentejo nel 1980 e Memoriale del convento nel 1982. La consacrazione avvenne con L’anno della morte di Ricardo Reis e con la Storia dell’assedio di Lisbona del 1989.

Probabilmente perché faceva bene il suo lavoro, non ebbe mai timore di esprimere le sue opinioni anche se doveva confrontarsi con numerose critiche e accuse come quella di antisemitismo in seguito alle sue affermazioni in difesa del popolo palestinese o il netto distacco con la Chiesa Cattolica portoghese a causa dei due suoi libri Il Vangelo secondo Gesù e Caino che ebbero come conseguenza quella di un esilio volontario alle Canarie. Non risparmiò neppure critiche all’allora premier Silvio Berlusconi tanto che le sue opere non furono più stampate per Einaudi, nel ’94 controllata dal gruppo Mondadori di Berlusconi.

Il suo stile narrativo è unico e spettacolare, l’uso dei lunghissimi periodi, i discorsi diretti liberi, l’essenzialità della punteggiatura, l’ironia pungente, gli incipit che spesso rimandano ad eventi tra l’assurdo e il surreale ne fanno un gigante della letteratura.

Cecità del 1995 è considerato il suo capolavoro. Allegoricamente critica la società contemporanea disorientata e cieca di fronte alla massificazione dei contenuti e dei costumi, di fronte alla globalizzazione che si oppone alle piccole realtà di ogni giorno, di fronte all’indifferenza rispetto agli altri che ci isola e ci rende egoisti e ciechi pur avendo le facoltà per vedere.

Saramago fu insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1998. Morì a Tias nel 2010.

Ma il viaggio non finisce mai. E’ bello viaggiare da una pagina all’altra dei suoi libri ricominciando un nuovo andare, un nuovo scoprire, guardando diversamente ciò che abbiamo già visto in una metafora continua che ha reso le sue parole immortali.

Leica compie 100 anni. C’entra qualcosa con il mito

Che c’entri qualcosa il mito è indubbio, ma è un amore di gioventù ed è rimasto tale. (Gianni Berengo Gardin)

“God should have a Leica”, diceva ironizzando Lou Reed ma probabilmente non sbagliava perché quella macchina fotografica da un secolo immortala scene del mondo, degli uomini e dei loro destini. Scatto dopo scatto si è costruito un grande archivio attraverso il quale la storia del mondo diventava vera, non più solo un numero indefinito di righe su un foglio che spiegano bene, sì, ma mantengono distanti. E’ l’impressione della realtà data da una fotografia che permette di entrare nel vivo degli eventi, destabilizzandoci alla vista del “miliziano morente” di Robert Capa durante la guerra di Spagna,  emozionandoci per un appassionato bacio in Times Square, simbolo della fine della Seconda Guerra Mondiale nella foto di Eisenstaedt , indignandoci per l’ennesima guerra ingiusta che vede bambini spogliati, spogliati di tutto correre disperati in Vietnam nella storica foto di Nick Ut. Queste Fotografie ci hanno mostrato più da vicino i volti dei protagonisti della storia, ci hanno insegnato a conoscerli attraverso la loro immagine ferma in scatti fortunati come il ritratto a Che Guevara di Korda che continua ad essere stampato su ogni superficie e tessuto e in mille stili diversi ad unire ancora folle di giovani non arresi davanti alla speranza di un possibile cambiamento e altrettanti cavalieri romantici e rivoluzionari. Scatti che parlano di persone, di lotte, di lavori, di conquiste, rinunce, gioie e dolori. Dietro la multi-espressività di un bianco e nero o il respiro poderoso dei colori passa la vita e storia che ne scaturisce. 

Leica festeggia i 100 anni di esistenza e probabilmente questa è anche la data di una rivoluzione nel mondo della fotografia. Finalmente questa camera dal piccolo formato entra nella quotidianità e anche i fotografi professionisti posso dare un sospiro di sollievo apprezzando la comodità e la maggiore qualità di resa del nuovo modello.

La storia di Leica ci porta nel lontano 1848 con  il Wetzlar dell’Optisches Institut ad opera del talento della meccanica e dell’ottica di Carl Kellner e la fondazione nel 1989 della Laitz di Ernest Leitz I, azienda che inizialmente fabbricava prodotti di precisione, microscopi, orologi, telegrafi. Fu il figlio di Leitz I, Ernest Leitz II, però, ad entrare nel mondo della fotografia. Un ingegnere dell’istututo, Oskar Barnack, cercò di utilizzare la pellicola da 35mm per riprese cinematografiche inserita nel caricatore. Nacque così, nel 1914, il prototipo UR: una fotocamera 35mm, otturatore sul piano focale, obiettivo 50mm.

Il nome Leica deriva dall’unione di Leitz e Camera e ufficialmente venne presentata alla fiera di Lipsia con il modello Leica A.

Con il tempo si è evoluta mantenendo però le sue caratteristiche originarie ed è diventata per antonomasia  il simbolo della fotografia d’assalto e da combattimento in quanto resistentissima, praticissima e dalle immense qualità. 

Non ho mai abbondato la Leica, qualunque altro tentativo mi ha sempre fatto tornare da lei. […] Per me è la macchina fotografica. (Henri Cartier-Bresson)

I maggiori maestri della fotografia l’hanno conosciuta, amata e trasformata dell’estensione del loro braccio e occhio. Da Henri Cartier Bresson a Robert Capa, da Gianni Berengo Gardin a Elliott Erwitt  e ancora Sebastiao Salgado, William Klein, Leonard Freed, Tina Modotti, Inge Morath, Mary Ellen Mark. Ovviamente i nomi sono tantissimi e ognuno ha contribuito alla storia del mito. 

Allora Buon compleanno Leica per i tuoi primi 100 anni, la tua immortalità passa attraverso ogni scatto del tempo che hai saputo cogliere e che ci hai regalato attraverso gli occhi curiosi e differenti di tutti coloro che hanno saputo averti.  

Mostra: Eyes wide open: 100 years of Leica photography è una panoramica sulla storia della fotografia firmata Leica. Le foto sono esposte presso le Deichtorhallen di Amburgo dall’11 Gennaio 2015.

La storia di Leica in una raccolta di 100 foto (come i suoi anni) da parte del Corriere.it http://www.corriere.it/foto-gallery/tecnologia/cyber-cultura/14_maggio_12/leica-compie-100-anni-mito-fotografia-100-immagini-63cf41aa-d9e0-11e3-8b8a-dcb35a431922.shtml